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lunedì 6 febbraio 2017

Recensione: "Un Gentiluomo a Mosca" di Amor Towles



"Il conte non aveva un temperamento vendicativo; non aveva l'immaginazione per epopee; e di certo non aveva l'ego di sognare imperi restaurati. 

No. Lui era per il dominio della sua situazione e che sarebbe stato un diverso tipo del tutto diverso di prigioniero: un anglicano lavato a secco. Come Robinson Crusoe incagliato sull'isola di disperazione, il conte avrebbe mantenuto la sua determinazione impegnandosi per gli affari dagli aspetti pratici.
Dopo aver dispensato con i sogni di scoperta rapida, i Crusoe di tutto il mondo cercano riparo e una fonte di acqua dolce; insegnano loro a fare fuoco con la selce; studiano la topografia della loro isola, il suo clima, la sua flora e fauna, per tutto il tempo mantenendo i loro occhi addestrati per le vele all'orizzonte e le impronte sulla sabbia ".
- "Un Gentiluomo a Mosca" di Amor Towles  



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Un
gentiluomo
a Mosca
di Amor Towles
 

Pagine 560
Prezzo 18,50€
Neri Pozza
già disponibile
voto:
★★★★ 
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Mosca, 21 giugno 1922.
Il conte Aleksandr Il’icˇ Rostov, decorato con l’Ordine di Sant’Andrea, membro del Jockey Club, Maestro di caccia, viene scortato attraverso i cancelli del Cremlino che danno sulla Piazza Rossa fino alla suite 317 del Grand Hotel Metropol. Chiamato al Cremlino per un tête à tête, il Conte è apparso dinanzi al «Comitato d’Emergenza del Commissariato del Popolo», il tribunale bolscevico che l’ha condannato, senza remore e senz’appello, a trascorrere il resto dei suoi giorni agli arresti domiciliari per essersi «irrevocabilmente arreso alle corruzioni della propria classe sociale». La condanna non ammette errori: se mai dovesse mettere un piede fuori dal Metropol, il Conte sarà fucilato. 
I baffi incerati distesi come le ali di un gabbiano e il portamento fiero nel suo metro e novanta di altezza, Rostov è un gentiluomo colto e arguto, un anfitrione nato, niente affatto intenzionato a lasciarsi scoraggiare dinanzi a un simile rovescio della fortuna. Non essendo di temperamento vendicativo come Edmond Dantés rinchiuso nel Castello d’If, ma avendo riconosciuto che un uomo deve saper governare le proprie circostanze, altrimenti sarebbero le circostanze a governare lui, il Conte decide di affrontare la prigionia mantenendo la propria determinazione nella praticità delle cose, al pari di un novello Robinson Crusoe.
La pena da scontare non è poi così gravosa, essendo il Metropol un Grand Hotel tra i più sfarzosi di Russia. Inaugurato nel 1905, le sue suite art déco e i suoi rinomati ristoranti sono stati un punto di riunione di tutte le persone ricche di stile, influenti ed erudite.
Ma per un uomo come Rostov, abituato a viaggiare in lungo e in largo per il mondo e a condurre un’intensa vita sociale, quella detenzione, seppure in un lussuoso albergo, si rivela al pari di una gabbia per un leone.

Sebbene sia risaputo che non è da gentiluomini avere un’occupazione, Rostov inizia a rendersi conto di quanto sia gravoso trascorrere la vita leggendo, cenando e riflettendo. Fino al giorno in cui si imbatte nella ragazzina che ama il giallo, una piccola ospite dell’albergo intrepida e curiosa. Nina Kulikova, al pari del Conte, vive al Metropol in cattività, eppure la bambina ha trovato il modo di far espandere le pareti dell’hotel verso l’esterno, scovando passaggi nascosti e stanze segrete.
Sarà Nina a farsi carico dell’educazione del Conte. Un’educazione che lo porterà a comprendere quanto vasto sia il mondo e affascinanti i personaggi che lo popolano, sia pure tra le quattro mura di un albergo. 
Ricco di umorismo, con un cast di personaggi scintillante – rivoluzionari intransigenti, stelle del cinema, intellettuali disillusi – e una scrittura impeccabile, Un gentiluomo a Moscaripercorre magistralmente un secolo di storia della Russia moderna, consegnandoci un protagonista che ha il raro pregio di rendersi indimenticabile.



Considerazioni.
Towles è uno di quei romanzieri che una volta scoperti non puoi fare a meno di seguire, ovunque egli possa condurti. Se nel primo romanzo che ho letto di questo autore "La buona società" mi aveva narrato di New York negli inizi del Novecento, in questa sua nuova fatica "Un gentiluomo a Mosca" ci porta invece a Mosca, sempre nei primi anni del Novecento (probabilmente il periodo storico prediletto da questo autore) precisamente nel 1922 e ci parla di un uomo particolare, ovvero del Conte Alexander Ilyich Rostov.

Quest'ultimo è un all'apparenza un uomo per bene, vestito elegantemente e dai modi pacati, un uomo che una volta conosciuto sarebbe stato l'anfitrione perfetto, un oratore da imitare, un animale da palcoscenico per intrattenere la folla, ma  che è ora un uomo agli arresti domiciliari presso il Grand Hotel Metropol di Mosca. Stanza 317. Appartenente una volta alla grande èlite terriere di Nizhy Novgorod, il Conte è adesso relegato in un camera d'albergo ed attendere che il resto dei suoi giorni gli sfugga tre le dita. 
Anche se abbattersi sarebbe la prima cosa che verrebbe in mente ad un uomo della sua levatura e posizione, anche se la condanna che gli ha inflitto il «Comitato d’Emergenza del Commissariato del Popolo» per essersi «irrevocabilmente arreso alle corruzioni della propria classe sociale» e se lo vedesse varcare l'albergo lo vedrebbe fucilato,  Alexander Ilyich Rostov non si abbatte. Da uomo intelligente, arguto e colto qual è decide di prendere in mano le redini del suo destino e non permettere alla circostanze di renderlo un uomo peggiore di lui, di non permettere al destino di soverchiare la sua essenza e reagisce.
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E mentre fuori dal Metropol imperversa la politica di Stalin, che ha preso il controllo del paese, che nel frattempo vede assottigliarsi i rapporti con gli altri paesi Occidentali Alexander Ilyich Rostov decide di vedere i lati positivi che la sua prigionia gli concede e da della sua esistenza limitata la chiave di accesso per diventare "l'uomo più fortunato della Russia", come da sua stessa definizione. D'altronde vive in un Grand Hotel, conosce persone molto diverse da lui e altrettanto interessanti, che renderanno piacevole la sua permanenza e l'arricchiranno moltissimo di pensieri ed esperienze. Conoscerà infatti Sofia, la madre di una certa Nina; Emile, il capo chef del ristorante Boyarsky (io ristorante più buono di tutta la Russia); Andrey, maître del ristorante; Marina, la sarta che diventerà per lui quasi una figura materna e Vasily il portiere, senza dimentica Anna, OsipMishka, ecc... Il gruppo diventa come una famiglia nel corso degli arresti domiciliari del conte, e con i lussuosi condizioni della lobby, bar e ristorante, diventa evidente che il conteggio è l'uomo più fortunato in tutta la Russia.

Ma sebbene la sua vita si arricchisca di incontri e di inaspettati momenti di gioia (dati dagli incontri e dalla lettura, dalla musica e dal cibo, che adora in egual misura) nonché serenità del quotidiano, quello che del romanzo, alla fine, ti porti dentro come lettore è sicuramente l'impronta di uomo capace di reagire bene a circostanze infauste con la sola forza della sua mente, l'unico grande, vero potere che possiede davvero e che è in grado di liberarlo dalla sua gabbia fisica.

Il personaggio di Rostov è davvero ben costruito e la sua personalità cambia in modo esponenziale e sostanziale. Il Conte infatti era un uomo fiero, con importanti beni materiali a sua disposizione e il fatto di essere qualcuno, poi la sua situazione si ribalta e deve gestire se stesso nello spazio in una camera d'albergo, senza terre, possedimenti e senza essere più nessuno rispetto alla società, con il problema/fortuna di aver incontrato la persona che più lo cambierà, più di quanto abbia fatto prima: Nina.

Nina è una bambina di nove anni, precoce e pronta all'avventura, che riesce a piombare nella vita del Conte con una facilità imbarazzante per trascinarlo in tutto quanto la coinvolge, per tutto l'albergo. Ed il mondo, per Rostov, cambia nuovamente aspetto e prospettiva. Il loro rapporto è bellissimo, sincero, costruttivo perché Nina non vede più il Conte come l'aristocratico pre rivoluzione bolscevica, condannato dal partito per essere tale (e quindi una minaccia) ma come l'uomo che delle debolezze, che patisce certi argomenti, che non riesce ad affrontare certe situazioni, certe tematiche e che si dimostra fragile nei confronti del suo passato.  
Attraverso Nina, il Conte, vedrà il mondo con occhi nuovi, come meno orpelli, con maggiore semplicità di intenti ed aspettative, prendendo quello che viene con una serenità maggiore e proprio per questo con maggiore consapevolezza.

Questo romanzo, che tra le altre cose non è scritto bene, ma benissimo, coinvolge per la prosa di Towles, conquista per il personaggio di Alexander Ilyich Rostov, affascina per i dettagli, per i pensieri del Conte, per come vede le cose dalla sua privilegiata (o meno) prospettiva. Era questo un romanzo decisamente più complesso di "La buona società", molto più complicato da gestire non solo per la mole personaggio principale e delle meccaniche del Grand Hotel, ma anche per la ricostruzione storica che intanto scorre sullo sfondo, al di fuori del Metropol, di cui si doveva (per lo scrittore) e si deve (per noi lettori) necessariamente tenere conto. 

"Un Gentiluomo a Mosca" è un libro che si compone di tanti elementi, tutti ben sistemati per collimare tra loro: dal dramma alla commedia, dalla riflessione all'eufuismo, dal politico all'edonistico, tutto in questo romanzo trasuda stile e magnetismo verso caratteri forti, personaggi molto ben delineati e quel qualcosa in più che si va cercando di romanzo in romanzo e che rende il libro in questione indimenticabile anche solo per l'arte narrativa dell'autore, che in questo caso a dir poco incanta.

Io vi consiglio caldamente la lettura di questo romanzo, per prima cosa perché è un romanzo davvero molto, ma molto piacevole, che vi rimarrà nel cuore per più di un momento vissuto dai suoi protagonisti, in secondo luogo perché è scritto magnificamente, con una prosa brillante, deliziosa, piena di spirito, che coinvolge, interessa, intrattiene con garbo e stile (da vendere).


   
Amor Towles 
E' nato a Boston nel 1964. Si è laureato a Yale e ha conseguito un dottorato in letteratura inglese a Stanford. È un grande appassionato di storia dell’arte, soprattutto della pittura di inizio Novecento, e di musica jazz. Vive a Manhattan con la moglie e i due figli. La buona società è il suo primo romanzo.

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