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martedì 29 dicembre 2015

Recensioni in breve: "Bruciare" di Barbara Barone e "Essere Melvine" di Vittorio De Agrò






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Bruciare
di Autrice Barbara Barone
Pagine 289 circa
Prezzo € 0,89
Editore Self-Publishing
già disponibile
voto:
3/5

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Ethan, Lydie, James e Judith. 
Quattro individui completamente diversi tra loro, quattro vite che portano dietro di loro passati ingombranti, pregiudizi da sfatare, paure da vincere. 
Quattro persone che loro malgrado s’incontreranno, si scontreranno, si ameranno e forse, alla fine, troveranno un compromesso agli strani casi della vita. 
Perché la vita può giocare brutti scherzi, può far avverare desideri che pensavi di volere e che poi scopri di non volere più, può costringerti a fare scelte che normalmente non avresti mai fatto. 
La vita è un gioco e in questo gioco talvolta si può rimanere scottati. Lydie è una giovane traduttrice di romanzi ed il suo vicino di casa Ethan è un ragazzo difficile, costretto agli arresti domiciliari per detenzione e spaccio di droga. 
I due, travolti da una passione che va oltre la loro volontà, si troveranno a dover rivedere la loro vita, il loro passato, le loro relazioni nel momento in cui Lydie scopre di aspettare un bambino, la cui paternità potrebbe essere attribuita al fidanzato ufficiale, James, con il quale convive da due anni, o con Ethan, con il quale ha un rapporto burrascoso e violento. A travolgere completamente i personaggi, sovvertendo l’ordine delle cose e mischiando ancor più le carte, sarà una scoperta ancor più dolorosa da parte di Lydie. 
Considerazioni.
Bruciare. Spesso succede di sentire usare questa espressione in riferimento a sentimenti e a passioni, ed in questo stesso senso viene utilizzato dalla scrittrice per definire e imprimere un significato altrettanto passionale al romanzo. Azzeccato.

"Bruciare" tratta di passioni, forse amori, ma soprattutto di amanti e triangoli spinosi, pericolosi che conducono a conseguenze tormentate e molto complicate ...

La Barone ha deciso infatti di cavalcare il filone narrativo del tradimento, che non tramonta mai (diciamocelo) e che in fin dei conti è un'ottimo input per comprendere tanto le persone che le loro intenzioni personali all'interno di un rapporto amoroso. Questa è infatti la storia di Lydie che vive una storia complicata, quasi al limite del mortificante ad essere sinceri, con un certo James - che evidentemente le fa più comodo che piacere - e che poi intreccia una storia clandestina con Ethan, l'amante che ha un carattere predominante e quasi schiacciante rispetto alla personalità della protagonista.

Man mano, procedendo nel romanzo, tra citazioni che introducono capitoli sempre più serrati negli eventi, e simposi (più o meno) amorosi/erotici arriviamo a leggere più cambiamenti di personalità e  di coppia fino all'apoteosi drammatica del finale. 

E' un romanzo che ha dalla sua parte un vero e proprio punto forte: l'autrice. Ma che per qualche motivo - di cui non ho pienamente compreso le ragioni - si scolora e sfuma nella trama man mano che procede nella trattazione. E' un romanzo che ho apprezzato veramente molto, all'inizio, ma che diventa una pallida forma di quello che avrebbe potuto essere e che non è stato a metà dell'incedere, per riprendersi verso la fine, lasciando per questo un senso di commozione e empatia per il destino dei personaggi, ma una sorta di incompiutezza per quello che succede nel mezzo.

Mi spiego.

Ho compreso tanto lo stile prescelto, che la trama, ed i personaggi di questo romanzo ed ho anche capito quello che la Barone ha voluto comunicare con questa storia: commovente, a tratti straziante, composta da ombre e luci difficilmente definibili a parole e per questo più complicato da trattare e veicolare al pubblico. Ho comprenso la voglia di far arrivare un amore, una passione e delle circostanze che la vita impone in modo brutale e fin troppo efficace. Ho compreso le tematiche sensibilmente affrontate e con delicatezza trattate, ho compreso il fatto che si voglia comunicare che esistono diversi tipi d'amore, difficilmente classificabili e graduabili, non per questo meno importanti o meno vissuti, ed ho colto, anche dai riferimenti poetici, l'anima profonda, sottile e leggiadra che anima l'autrice e di riflesso il romanzo (per questo ancor più apprezzato).

Però.

Però c'è il fatto insindacabile che o tu, singolo individuo, hai vissuto una storia simile e la puoi comprendere d'acchito, con le sue ombre e le sue luci, i suoi pregi ed i suoi difetti, colmando di significati i silenzi e della brevità lo spessore e il pubblico, che non ha tutto una storia simile alle spalle, non lo può comprendere del tutto come lo fai tu, o per lo meno non nello stesso modo, se non lo fai con certi elementi o descrizioni più che efficaci.

La Barone parte bene, ma poi, secondo il mio parere ovviamente, ad un certo punto, è come se si dimenticasse che sta parlando con qualcuno che la storia non la conosce, non per lo meno in quello stesso modo che lo conosce nella sua mente e presa dalla frenesia della storia smorza, taglia, riduce all'essenziale personaggi, storia e quant'altro e lascia una sorta di vuoto in chi legge, che rapito dalla prima parte si trova derubato da quanto offerto prima, offeso perchè prima c'era una certa impostazione e poi deve vedersela con la fretta che rapisce molto della trama e della storia. Lascia orfani di un sentiero che lascia tracciato fino ad un certo punto per poi prendere i campi e tagliare per il finale, che seppur completo è frettoloso.

Il romanzo è bello nel complesso, davvero, ma ci sono degli elementi che hanno funzionato più di altri a mio gusto. Se da un lato elogio la prosa della Barone,  talvolta i dialoghi peccano di acerbità, ma soprattutto ho patito un pò la maturazione troppo repentina dei personaggi, che minano un pò la loro credibilità a metà del romanzo. Ciò lo si capisce ancor meglio - e ancor di più - quando sia all'inizio che alla fine i personaggi sono più curati e seguiti, tanto da essere commoventi e toccanti. 

A prescindere da ciò mi preme sottolineare una cosa. La Barone, con questo romanzo, continua a ronzarmi in testa per certe frasi, certi tratti della sua prosa. Esempio:
"Guardava stancamente il fumo andar su e seguire bizzarre traiettorie. Poggiò di nuovo la sigaretta sulle labbra e l’aspirò ancora una volta. Le piaceva il contatto del filtro sulla pelle, era come un bacio. Ancora uno svolazzo di fumo. 
   Era poggiata ad un albero.               
   Faceva molto freddo. 
   Nelle sue condizioni non avrebbe dovuto fumare, quella sarebbe stata l’ultima.
   Da un paio di mesi aveva preso l’abitudine di alzarsi presto la mattina e recarsi nel parco vicino casa sua. Le piaceva passeggiare da sola nel silenzio assoluto, era quasi liberatorio per lei. Quel vasto parco deserto, fitto di alberi, fin da subito le aveva ricordato uno dei primi versi della Divina Commedia
."
Sta di fatto che, secondo me, questa autrice è decisamente più capace di così. Senza ombra di dubbio.

Barbara Barone. Mi chiamo Barbara, ho più di trent'anni e meno di quaranta... scusate però l'età di una donna non si rivela mai, come il suo peso d'altronde, baro sempre anche su quello pur essendo magrolina. Passo il mio tempo in campagna e leggo quando la mia mente non è troppo stanca. Mi piace quasi tutto, specialmente se ben scritto. In particolare con l'età mi sono appassionata ai testi storici, alle biografie, ai testi scientifici. Scrivo da quando ho imparato a farlo ed invento racconti e storielline praticamente da sempre, ma da qualche anno ho cominciato anche a condividerli sul web.

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Essere 
Melvine 
di Vittorio De Agrò
Pagine 321
Prezzo € 0,89
Auto pubblicato
già disponibile
voto:
3/5
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Quando Melvin mi parlò per la prima volta del suo libro di memorie, volle presentarsi come un personaggio pavido, elusivo, spregevole, inconcludente, in fin dei conti un codardo. “Una specie di Don Abbondio”, mi disse consegnandomi il faldone. Non sempre gli autori sono buoni conoscitori di sé stessi, neppure quando scrivono la propria autobiografia, anzi vorrei dire: specialmente in quel caso. E infatti, via via che mi addentravo nella lettura, erano altri i personaggi che affioravano alla memoria: “Ma quale Don Abbondio, tu sei una via di mezzo tra Don Chisciotte e il Conte di Montecristo!”, gli dissi quando ci rivedemmo, rievocando altre letture dei nostri anni comuni al Liceo. 
In effetti, Essere Melvin è per un verso la storia di un cavaliere temerario che deriva la sua audacia da un rapporto con la realtà tutto trasfigurato dalla finzione (non i poemi cavallereschi, in questo caso, ma i film e soprattutto le serie televisive); per altro verso è la storia di una vendetta lungamente preparata e macchinosamente architettata. Dirò di più: il libro stesso è una gigantesca rivalsa, non contro qualcuno in particolare, ma contro la misura colma delle frustrazioni e delle delusioni, contro una vita che somiglia troppo poco a quella sognata.
Un romanzo d’avventure, dunque? Certo. Purché il lettore sia avvertito che le terre di conquista sono tutte interiori, e che l’eroe era ben poco equipaggiato ad affrontare i mostri, i draghi, gli stregoni e i briganti che non sospettava di nascondere in sé. L’anima è un vasto paese, diceva Schnitzler, ed è difficile dargli torto. 
Quel che si ricorda meno spesso è che pochi sono disposti davvero ad esplorarlo, preferendo tenersene ai margini. Melvin la sua discesa agli inferi un po’ l’ha voluta e molto l’ha subìta suo malgrado. Ha avuto per Virgilio uno psichiatra, lo Splendente, e lungo il tragitto non gli è stato risparmiato nulla: ha costeggiato più volte la follia, ha sentito dialogare dèi e demoni nella sua testa, è stato perfino a un passo dalla morte. Non è uno scrittore, non vuole esserlo e quasi si offende se si prova a contraddirlo su questo punto. Il libro nasce come un diario commissionato dal suo psichiatra. 
Ma nella sua storia ci sono tante di quelle situazioni romanzesche – la simulazione di una malattia incurabile, il falso annuncio della propria morte, la vita da quasi intruso in un set televisivo, l’amore sfiorato con una piccola diva della fiction – che Melvin, bambino di trent’anni precocemente invecchiato con il suo bastone da passeggio, vi conquisterà come se davvero fosse nato dalla fantasia di uno scrittore. Si può dire che la sua vita è stata il suo romanzo, e questo libro non ne è che la trascrizione. 
E per quanto suoni incredibile, è tutto vero.
Considerazioni.
Questo è un romanzo che parla di un ragazzo su trent'anni che giunto a un punto di stasi della sua vita decide di prendere e affidarsi ad uno specialista per parlare di lui, della sua esistenza, delle sue esperienze e tanto altro.

Questa esperienza diventa motivo di indagine psicologica, inensa e avventurosa per un tipo come Melvin, che non si trova a viaggiare in posti lontani o segreti, bensì nella sua stessa mente, tanto gli antri oscuri che quelli luminosi del suo cervello che conducono ad inaspettate scoperte ma anche ad altrettante avventurose e meravigliose implicazioni circa la sua stessa mente, che lo abita.
Ne sortisce un romanzo strano, tra il biografico e l'astratto, visonario. Non male, ma da affrontare con mente aperta alle sorprese e sempre pronta all'accettazione di scoperte strane, interessanti, commovonti, piacevoli e itnriganti, quanto cupe e riflessive.

Amplio infatti lo spettro di sentimenti che si propone di coprire con il suo lato ironico, appassionato, drammatico, satirico e anche dolce, volendo.

"Essere Melvine" risulta essere un romanzo indubbiamente molto interessante non solamente per l'originale trattazione ad oggetto, ma anche per lo stile, che è fluido, scorrevolissimo nel suo incedere anche se avrebbe potuto possedere maggiore mordente, che si sente come principale mancanza, essendo a volte poco percepibile dove vuole andare a parare l'autore (forse nulla, perchè conta il viaggio? Forse qualche tematica più profonda? Forse qualcosa che mi sfugge?) pur trattando tante tematiche in modo molto fresco, originale, in un'ottica del tutto nuova in un romanzo moderno con una temtica così particolare, ma riesce in ogni caso a farsi apprezzare per la sua inspiegabile freschezza.
Lo consiglio soprattutto a chi ha bisogno di letture sempre nuovi che arrechino un punto di vista molto differente, con qualcosa che segni un punto di rotture con le letture che possono essere effettuate in quel determinato periodo storico. Questa lo può tranquillamente essere.


Vittorio De Agrò Vittorio De Agrò è nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. E’ un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il blog:ilritornodimelvin.wordpress.com che è stato letto da 13000 persone e visitato da 57 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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