Brandon Sanderson in questi anni penso abbia scovato e stia utilizzando - pienamente - il dono dell'ubiquità.
Si, perché sta facendo davvero un sacco di cose: oltre a finire di scrivere il nuovo capitolo della Ruota del tempo, ultimandolo dagli appunti lasciati incompiuti dal grande scrittore scomparso Robert jordan, sta infatti scrivendo il secondo capitolo della sua nuova serie - che sto leggendo in questo periodo e che sto trovando stupenda (se riesco più avanti ne farò una recensione perché è un romanzo superbo) - delle Cronache della Folgoluce.
Nel fare tutto ciò ha comunque trovato - non so come - il tempo di scrivere un romanzo autoconclusivo (cosa che onestamente ogni tanto fa molto piacere!) che oltre ad aver pubblicato sul suo sito è giunto nelle librerie americane qualche anno fa e poi, tre anni dopo circa, arriva finalmente anche da noi in Italia. E' un romanzo abbastanza corposo, se considerate le sue 800 e passa pagine, ma è anche un romanzo che conoscendo Sanderson si lascerà leggere facilmente e che, come ho letto da un primo capitolo letto in inglese, saprà sicuramente coinvolgere e far riflettere il lettore fantasy più accanito. ma vediamo qual'è la trama che Warbreaker ci propone...
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Il Conciliatore
Warbreaker
di Brandon Sanderson
pagine 688
prezzo 16,90 €
Fanucci editore
dal 31 maggio
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Per leggere le prime 54 pagine potete cliccare qui:
--o- La trama -o--
Da ormai trecento anni il regno di Hallandren è governato dagli dèi Ritornati, uomini morti in modo esemplare e tornati a nuova vita dall’ aldilà, e dal loro sovrano assoluto, il Re Dio. La vecchia dinastia reale, fuggita durante la Pluriguerra, si è ritirata nell’enclave di Idris, un territorio impervio e montagnoso che però consente loro di controllare i valichi settentrionali. Per ricomporre le differenze e riunificare i due stati, una principessa idrisiana dovrà andare in sposa al Re Dio e generare con lui un erede; ma nella Corte degli Dèi, luogo di intrighi, complotti e sotterfugi, qualcuno
sta tramando nell’ ombra. Nella cornice della variopinta città di T’Telir, dove colori e Soffio vitale possono donare vita agli oggetti inanimati, un gruppo composito di personaggi, giovani principesse, mercenari esuberanti, divinità svogliate, altezzosi sacerdoti, soldati Senzavita, loschi figuri e spade parlanti, cercheranno di fomentare una guerra… o di sventarla prima che sia troppo tardi.
Un assaggio per capire cosa ci aspetterà:
--o- Prologo -o--
È divertente, pensò Vasher, quante cose cominciano con me che vengo gettato in prigione.
Le guardie risero fra loro, chiudendo la porta della cella conuno schianto. Vasher si alzò e si ripulì dalla polvere, ruotandola spalla e sussultando. Mentre la metà inferiore della portadella sua cella era di solido legno, quella superiore era a sbarre,e lui poté vedere le tre guardie aprire il suo borsone e rovistarefra le sue cose.
Uno di loro lo vide osservare. L’uomo era un energumeno
con la testa rasata e un’uniforme lercia che manteneva a malapena la colorazione gialla e azzurra della guardia cittadina diT’Telir.
Colori brillanti, pensò Vasher. Mi ci dovrò riabituare.
In qualunque altra nazione, quegli azzurri e gialli vivaci sarebbero stati ridicoli su dei soldati. Questa, però, era Hallandren: terra di dèi Ritornati, di servi Senzavita, di ricerca delBioCroma e – ovviamente – di colore.La grossa guardia si avvicinò alla porta della cella, lasciando i suoi amici a divertirsi con le cose di Vasher. «Dicono che
sei un duro» esordì l’uomo, squadrandolo.Vasher non rispose.
«L’oste dice che hai atterrato una ventina di uomini nella rissa.» La guardia si sfregò il mento. «Ame non sembri così duro.Ad ogni modo, avresti dovuto sapere che non dovevi colpire
un sacerdote. Gli altri trascorreranno una notte al fresco. Tu,
però... verrai appeso. Sciocco senza colore.» Vasher gli voltò le spalle. La sua cella era funzionale, perquanto ordinaria. Una sottile fessura in cima a una parete lasciava entrare la luce, i muri di pietra trasudavano acqua e
copertina originale. muschio, e una pila di paglia sporca marciva nell’ angolo.«Mi stai ignorando?» domandò la guardia, venendo più vicino alla porta. I colori della sua uniforme divennero più vividi, come se fosse entrato in una luce più forte. Il cambiamento
era lieve. AVasher non rimaneva molto Soffio, perciò la sua aura non influenzava di molto i colori attorno a lui. La guardianon si accorse del cambiamento, proprio come non l’aveva fatto nel locale, dove lui e i suoi compagni lo avevano raccattatodal pavimento e gettato sul loro carretto. Naturalmente il cambiamento era tanto lieve che sarebbe stato quasi impossibile dadistinguere per un occhio normale.«Ehi, guarda» disse uno degli uomini che stavano rovistando nel borsone di Vasher. «Cos’è questa?» Vasher aveva sempre
trovato interessante che gli uomini che sorvegliavano le segreteavessero la tendenza a essere delinquenti uguali, o perfino peggiori, degli uomini che custodivano. Forse era intenzionale. Alla società non pareva importare se uomini del genere fosserofuori dalle celle o dentro, fintantoché venivano tenuti lontani dapersone più oneste.Supponendo che queste esistessero.Dal borsone di Vasher, una guardia tirò fuori un lungo oggetto avvolto in un panno di lino bianco. L’uomo lanciò un fischio mentre svolgeva la stoffa, rivelando una spada dalla lama lunga e sottile contenuta in un fodero d’argento. L’elsa era
completamente nera. «Achi pensate che abbia rubato questa?»La guardia al comando scrutò Vasher, domandandosi sefosse qualche sorta di nobile. Anche se Hallandren non avevanessuna aristocrazia, molti regni confinanti avevano i loro nobiluomini e nobildonne. Eppure quale lord avrebbe indossato un mantello marrone smorto, squarciato in diversi punti?Quale lord avrebbe sfoggiato lividi di una rissa da taverna,
barba lunga e stivali usurati dagli anni? La guardia si voltò,apparentemente convinta che Vasher non fosse un lord.Aveva ragione. E aveva torto.«Fammela vedere» disse la guardia al comando, prendenden
do la spada. Grugnì, evidentemente sorpresa dal suo peso.La rigirò, notando il fermaglio che assicurava il fodero all’elsa, impedendo che la lama venisse estratta. Lo aprì.I colori nella stanza si intensificarono. Non divennero piùbrillanti, come aveva fatto il farsetto della guardia quando si eraavvicinata a Vasher. Si fecero invece più forti. Più scuri. I rossidebordarono nel bruno. I gialli si indurirono in oro. Gli azzurrisi avvicinarono al blu marino.«Attento, amico,» disse Vasher piano «quella spada può
essere pericolosa.»La guardia alzò gli occhi. Tutto era immobile. Poi sbuffò esi allontanò dalla cella di Vasher, ancora con in mano la spada. Gli altri due seguirono, portando il borsone di Vasher, entrando nella stanza delle guardie alla fine del corridoio.La porta si chiuse con un tonfo. Vasher si inginocchiò immediatamente accanto al giaciglio, selezionando una manciata dipagliuzze resistenti. Tirò dei fili dal suo mantello – stava iniziando a logorarsi sul fondo – e legò le pagliuzze formando
una piccola persona, alta forse tre pollici, con spesse braccia e
gambe. Si staccò un pelo da un sopracciglio e lo mise contro latesta dell’omino di paglia, quindi infilò la mano in uno stivale etirò fuori una sciarpa rosso brillante.Uscì da lui, sbuffando in aria, traslucido eppure luminoso,come il colore dell’olio sull’acqua al sole. Vasher lo sentì abbandonarlo: Soffio BioCromatico, lo chiamavano gli studiosi.Molti lo chiamavano solo Soffio. Ogni persona ne aveva uno.O, almeno, di solito era così. Una persona, un Soffio.Vasher aveva circa cinquanta Soffi, appena sufficienti a raggiungere la Prima Elevazione. Averne così pochi lo faceva sentire povero rispetto a quelli che aveva avuto un tempo, ma
molti avrebbero considerato cinquanta Soffi un tesoro enorme. Purtroppo, semplicemente Risvegliare un piccolo simulacro fatto di materiale organico – usando un pezzo del propriocorpo come fuoco – lo prosciugò di circa metà dei suoi Soffi.L’omino di paglia sussultò, assorbendo il Soffio. Nella mano di Vasher, metà dalla sciarpa rosso brillante sbiadì e divenne grigia. Vasher si sporse verso il basso – immaginando quel
lo che voleva facesse la figura – e completò l’ultimo passo delprocedimento nel dare il Comando.«Procura chiavi» disse.L’omino di paglia si alzò e sollevò il suo unico sopracciglio
verso Vasher.Vasher indicò verso la stanza delle guardie. Da lì, udì improvvise urla di sorpresa.Non c’è molto tempo, pensò.L’omino di paglia corse per il pavimento, poi balzò in alto,
volteggiando tra le sbarre. Vasher si tolse il mantello e lo posòsul pavimento. Era l’immagine perfetta di una persona, contrassegnata da squarci che corrispondevano alle cicatrici sul
corpo di Vasher, con due buchi nel cappuccio tagliati proprio
per gli occhi di Vasher. Quanto più la forma di un oggetto erasimile a quella di un essere umano, tanto inferiore era il numero di Soffi necessari per Risvegliarlo.Vasher si sporse in basso, cercando di non pensare ai giorni
in cui aveva posseduto tanti Soffi da Risvegliare senza preoccuparsi di forma o fuoco. Era stato un tempo diverso. Con unsussulto, si strappò una ciocca di capelli dalla testa e li sparpagliò per il cappuccio del mantello.Ancora una volta, Soffiò.Consumò il resto dei suoi Soffi. Una volta svaniti – col mantello che tremolava e la sciarpa che perdeva il resto del suo colore – Vasher si sentì... più fioco. Perdere il Soffio non era fatale per una persona. In effetti, i Soffi supplementari che Vasher
utilizzava un tempo erano appartenuti ad altri individui. Vasher non sapeva chi fossero; non era stato lui a raccogliere queiSoffi. Gli erano stati dati. Ma, naturalmente, era così che funzionava sempre. Non si poteva prendere il Soffio con la forza.Essere privo di Soffio lo cambiò per davvero. I colori nonsembravano altrettanto vividi. Non poteva percepire la genteaffaccendata andare in giro nella città lì sopra, una connessione che di solito dava per scontata. Era la consapevolezza chetutti gli uomini avevano verso gli altri, quella cosa che sussurrava un avvertimento, nel torpore del sonno, quando qualcuno entrava nella stanza. Per Vasher, tutto questo era stato amplificato cinquanta volte.E adesso non c’era più. Risucchiato nel mantello e nell’omino di paglia, dando potere a essi.
Il mantello sussultò. Vasher si chinò verso il basso. «Proteggi me» Comandò, e il mantello rimase immobile. Lui si alzò,indossandolo di nuovo.
L’omino di paglia tornò alla sua grata. Portava un grossoanello di chiavi. I piedini di paglia della figura erano macchiatidi rosso. A Vasher il sangue cremisi sembrava così smorto ora.Prese le chiavi. «Grazie» disse. Li ringraziava sempre. Nonsapeva perché, in particolare considerando quello che facevadopo. «Il tuo Soffio al mio» ordinò, toccando il petto dell’omino di paglia. La piccola figura cadde immediatamente all’indietro dalla porta – la vita che defluiva da essa – e Vasher riottenne il suo Soffio. Il familiare senso di consapevolezza tornò,la certezza di essere connesso con gli altri, di far parte di tutto. Poteva riprendere il Soffio dalla creatura solo perché l’aveva Risvegliata lui stesso: in effetti, i Risvegli di questo tipo dirado erano permanenti. Lui usava il suo Soffio come una riserva, distribuendolo con parsimonia, poi recuperandolo.Paragonati a quelli che una volta aveva avuto, venticinque
Soffi erano un numero ridicolmente esiguo. Comunque, paragonato a zero, quel numero sembrava infinito. Tremolò di soddisfazione.Le urla dalla stanza delle guardie si spensero. Le segrete sifecero silenziose. Doveva continuare a muoversi.Vasher allungò una mano in mezzo alle sbarre, usando le
chiavi per aprire la cella. Spalancò la spessa porta con unaspinta, precipitandosi nel corridoio, lasciando l’omino di paglia abbandonato lì per terra. Non si diresse verso la stanzadelle guardie – e all’uscita al di là – ma svoltò invece a sud, penetrando più a fondo nel sotterraneo.Questa era la parte più incerta del suo piano. Trovare unataverna frequentata da sacerdoti dei Toni Iridescenti era statopiuttosto facile. Farsi coinvolgere in una zuffa – poi colpireuno di quegli stessi sacerdoti – era stato altrettanto semplice.Hallandren prendeva molto sul serio le sue figure religiose, eVasher si era procurato non la solita notte al fresco, ma unviaggetto in una delle segrete del Re Dio.Conoscendo il genere di uomini che di solito erano assegnati a tali prigioni, Vasher era stato piuttosto certo cheavrebbero cercato di estrarre Sanguinotte. Gli avevano fornito il diversivo di cui aveva bisogno per prendere le chiavi.Ma ora arrivava la parte imprevedibile.
Vasher si fermò, il mantello Risvegliato che frusciava. Fu facile individuare la cella che cercava, poiché attorno a essa unvasto tratto di pietra era stato prosciugato di ogni colore, lasciando sia le pareti che le porte di un grigio smorto. Era unposto per imprigionare un Risvegliante, poiché nessun colore
voleva dire nessun Risveglio. Vasher si avvicinò alla porta,guardando attraverso le sbarre. Un uomo era appeso per lebraccia al soffitto, nudo e incatenato. Il suo colore era vivaceagli occhi di Vasher, la sua pelle bronzea, i suoi lividi chiazzebrillanti di blu e violetto.L’uomo era imbavagliato. Un’altra precauzione. Per Risvegliare, l’uomo avrebbe avuto bisogno di tre cose: Soffio, colore e un Comando. Le armoniche e le tonalità, alcuni li definivano. I Toni Iridescenti, la relazione fra colore e suono. UnComando doveva essere formulato in modo chiaro e deciso
nella lingua madre del Risvegliante: qualunque balbettio,qualunque errore di pronuncia, avrebbe invalidato il Risveglio. Il Soffio sarebbe stato estratto, ma l’oggetto sarebbe stato incapace di agire.Vasher usò le chiavi della prigione per aprire la porta della cella, poi entrò. L’aura di quest’uomo rese i colori decisamente più
brillanti quando gli furono abbastanza vicini. Chiunque sarebbe
stato in grado di notare un’aura tanto forte, anche se era moltopiù semplice per chi aveva raggiunto la Prima Elevazione.Non era l’aura BioCromatica più forte che Vasher avesse
mai visto: quelle appartenevano ai Ritornati, noti come dèi quiad Hallandren. Tuttavia il BioCroma del prigioniero era davvero impressionante, e molto, molto più forte di quello di Vasher. Il prigioniero aveva parecchi Soffi. Centinaia e centinaia.L’uomo dondolava dalle sue catene, studiando Vasher, le
labbra imbavagliate sanguinanti per la mancanza d’acqua. Vasher esitò solo brevemente, poi allungò una mano e tolse il bavaglio.«Tu» mormorò il prigioniero, tossendo un poco. «Sei quiper liberarmi?»«No, Vahr» disse Vasher piano. «Sono qui per ucciderti.»Vahr sbuffò. La prigionia era stata dura per lui. L’ultima volta che Vasher lo aveva visto, Vahr era stato grassoccio. Agiudicare dal suo corpo emaciato, era stato lasciato senza cibo già da
qualche tempo. I tagli, i lividi e le bruciature sul suo corpo erano recenti.Gli occhi di Vahr, contornati da borse scure, tradivano non
solo il tormento e le torture, ma anche una solenne verità. Il Soffio poteva essere trasferito solo con un Comando volontario, intenzionale. Il Comando poteva, però, essere incoraggiato.«Così» gracidò Vahr «tu mi giudichi, proprio come chiunque altro.»«La tua ribellione fallita non è una mia preoccupazione.Voglio solo il tuo Soffio.»«Tu e l’intera Hallandren.»«Sì. Ma tu non lo darai a uno dei Ritornati. Lo darai a me.Poiché in cambio io ti ucciderò.»«Non sembra un granché, come scambio.» In Vahr c’era
una durezza, una mancanza di emozioni, che Vasher non aveva visto l’ultima volta che si erano separati, anni prima.Strano, pensò Vasher, che finalmente, dopo tutto questo tempo, io riesca a trovare in quest’uomo qualcosa con cui identificarmi.Vasher si mantenne a cauta distanza da Vahr. Adesso che
l’uomo era in grado di parlare, poteva Comandare. Comunque non stava toccando nulla tranne le catene di metallo, e ilmetallo era molto difficile da Risvegliare. Non era mai statovivo e la sua forma era molto diversa da quella di un uomo.Perfino all’apice del suo potere, Vasher stesso era riuscito a Risvegliare il metallo solo in poche occasioni particolari. Naturalmente alcuni Risveglianti particolarmente potenti erano ingrado di infondere la vita in oggetti che non stavano toccando,ma che erano a portata della loro voce. Questo, però, richiedeva la Nona Elevazione. Perfino Vahr non disponeva di cosìtanto Soffio. In effetti, Vasher conosceva un solo individuo chece l’aveva: il Re Dio in persona.17Questo voleva dire che Vasher era probabilmente al sicuro.Vahr disponeva di una notevole quantità di Soffi, ma non aveva nulla da Risvegliare. Vasher girò attorno all’uomo incatenato, trovando molto difficile offrirgli la sua solidarietà. Vahr siera meritato il suo destino. Tuttavia i sacerdoti non gli avrebbero permesso di morire finché avesse posseduto così tanto Soffio; se fosse morto, sarebbe andato sprecato. Svanito. Irrecuperabile.Nemmeno il governo di Hallandren – che aveva leggi ferree
sull’acquisto e la trasmissione del Soffio – poteva lasciar scivolare via un tale tesoro. Quando ci avessero ripensato, si sarebbero maledetti per non averlo fatto sorvegliare meglio.D’altra parte, erano due anni che Vasher attendeva un’opportunità del genere.«Ebbene?» chiese Vahr.«Dammi il Soffio, Vahr» disse Vasher, venendo avanti.Vahr sbuffò. «Dubito che tu sia abile quanto gli aguzzini
del Re Dio, Vasher... e sono ormai due settimane che sopporto le loro torture.»«Rimarresti sorpreso. Ma questo non ha importanza. Tu
mi darai il tuo Soffio. Sai di avere solo due scelte. Darlo a meoppure darlo a loro.»Vahr pendeva per i polsi, ruotando piano. In silenzio.«Non hai molto tempo per riflettere» disse Vasher. «Da un
momento all’altro, qualcuno scoprirà le guardie morte là fuori.Verrà dato l’allarme. Io ti lascerò qui, tu sarai torturato di nuovo, e alla fine ti spezzerai. Poi tutto il potere che hai accumulato andrà alla stessa gente che hai giurato di distruggere.»Vahr fissò il pavimento. Vasher lo lasciò penzolare per qualche istante e poté vedere che la realtà della situazione gli era
chiara. Infine, Vahr alzò lo sguardo su Vasher. «Quella... cosache porti. È qui, in città?»Vasher annuì.«Le urla che ho sentito prima... è stata quella cosa a causarle?»Vasher annuì di nuovo.«Quanto tempo resterai a T’Telir?»«Per un po’. Un anno, forse.»18«La userai contro di loro?»«Non confido a nessuno i miei obiettivi, Vahr. Accetti lo
scambio o no? Una morte rapida per quei Soffi. Ti promettoquesto: i tuoi nemici non li avranno.»Vahr tacque. «Sono tuoi» mormorò infine.Vasher allungò una mano, appoggiandola sulla fronte diVahr, attento a non lasciare che nessuna parte dei suoi vestiti
toccasse la pelle dell’uomo, per timore che potesse tirar fuoriil colore per Risvegliare.Vahr non si mosse. Pareva intorpidito. Poi, proprio mentreVasher iniziava a preoccuparsi che il prigioniero avesse cambiato idea, Vahr Soffiò. Il colore defluì da lui. La bellissima Iridescenza, l’aura che lo aveva fatto sembrare maestoso malgrado le ferite e le catene. Gli fuoriuscì dalla bocca, sospesa in aria,scintillante come caligine. Vasher la inalò dentro di sé, chiudendo gli occhi.«La mia vita alla tua» Comandò Vahr, una traccia di disperazione nella voce. «Il mio Soffio diventa tuo.»Il Soffio si riversò dentro Vasher, e tutto divenne brillante. Il
suo mantello marrone adesso sembrava intenso e intriso di colore. Il sangue sul pavimento era di un rosso profondo, comese fosse in fiamme. Perfino la pelle di Vahr pareva un capolavoro di colori, la superficie contrassegnata da peli nerissimi, lividi bluastri e tagli di un rosso deciso. Erano passati anni dall’ultima volta in cui Vasher aveva provato una tale sensazione di...vita.Annaspò, cadendo in ginocchio mentre ne veniva sopraffatto, e dovette posare una mano sul pavimento di pietra per
non ruzzolare a terra. Come ho fatto a vivere senza?Sapeva che le sue sensazioni non erano davvero migliorate,
eppure si sentiva molto più vigile. Più conscio di quella bellezza sensoriale. Quando toccò il pavimento di pietra, si meravigliò per quanto era ruvido. E il suono del vento che passava attraverso le sottili finestre delle segrete lì sopra. Era sempre statocosì melodioso? Come poteva non averlo notato?«Tieni fede alla tua parte del patto» disse Vahr. Vasher notò i toni della sua voce, la bellezza di ciascuno, quanto erano
vicini agli armonici. Vasher aveva ottenuto l’orecchio assoluto. Un dono per chiunque raggiungesse la Seconda Elevazione. Sarebbe stato bello averlo di nuovo.Naturalmente Vasher avrebbe potuto avere fino alla Quinta Elevazione in ogni momento, se così avesse desiderato. Tuttavia avrebbe richiesto certi sacrifici che non era disposto a
compiere. E così si costringeva a farlo alla vecchia maniera,
raccogliendo Soffi dalla gente come Vahr.Vasher si alzò in piedi, poi tirò fuori la sciarpa priva di colore che aveva usato prima. La gettò sopra la spalla di Vahr,poi Soffiò.Non si curò di dare alla sciarpa una forma umana, non ebbe bisogno di usare un po’ dei suoi capelli o di pelle – anche
se dovette attingere il colore dalla sua camicia.Vasher incontrò gli occhi rassegnati di Vahr.«Strangola cose» Comandò Vasher, con le dita che toccavano la sciarpa tremolante.Quella si torse immediatamente, appropriandosi di una vasta – eppure ora insignificante – quantità di Soffi. La sciarpa siavvolse rapidamente attorno al collo di Vahr, soffocandolo.Vahr non lottò né respirò in modo affannoso, ma si limitò a osservare Vasher con odio finché i suoi occhi non si gonfiarono emorì.Odio. Vasher ne aveva conosciuto abbastanza ai suoi tempi.Allungò una mano in silenzio e recuperò i suoi Soffi dalla sciarpa, poi lasciò Vahr a penzolare nella sua cella. Vasher attraversò in fretta la prigione, meravigliandosi per i colori dei legni edelle pietre. Dopo pochi momenti, notò un nuovo colore nel
corridoio. Rosso.Aggirò la pozza di sangue – che stava colando giù per il pavimento inclinato delle segrete – ed entrò nella stanza delleguardie. I tre uomini giacevano morti. Uno di loro stava su
una sedia. Sanguinotte, ancora perlopiù dentro al fodero, erastata conficcata nel petto dell’uomo. Circa un pollice di scuralama nera era visibile sotto la guaina argentea.Vasher rinfoderò del tutto l’arma con attenzione. Poi chiuse il fermaglio.
Sono stato molto bravo oggi, disse una voce nella sua mente.
Vasher non rispose alla spada.Li ho uccisi tutti, continuò Sanguinotte. Non sei orgoglioso dime?Vasher raccolse l’arma, abituato al suo peso insolito, e la portò in una mano. Recuperò il suo borsone e se lo gettò in spalla.
Sapevo che saresti rimasto impressionato, disse Sanguinotte,con voce soddisfatta.
Da "Il Conciliatore" di Bandon Sanderson,
traduzione di Gabriele Giorgi, Fanucci, maggio 2012.
--o- L’autore -o--
Brandon Sanderson, nato nel 1975, è autore del romanzo Elantris, che lo ha rivelato a critica e pubblico come una delle maggiori promesse della letteratura fantasy contemporanea. Con Fanucci Editore ha già pubblicato la trilogia deiMistborn – L’Ultimo Impero, Il Pozzo dell’Ascensione, Il Campione delle Ere – e La Via dei re. Inoltre, basandosi sugli appunti di Robert Jordan, ha lavorato agli ultimi tre volumi che completano la saga best seller La Ruota del Tempo.
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Sito dedicato al libro (solo in inglese):
Estratto:
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