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venerdì 14 febbraio 2014

Recensione: "Il teschio e l'usignolo" di Michael Irwin.

 
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Il teschio 
e l'usignolo
di Michael Irwin
Pagine 432
Prezzo 18,00
Neri Pozza 
dal 16 gennaio
voto:
 4/5
--o--


















Chi non ha mai sognato di vivere in una grande città, senza preoccuparsi del denaro e del tempo a propria disposizione, lasciandosi andare soltanto ai piaceri più sfrenati? 
Quando in una ventosa giornata del 1760, il ventitreenne Richard Fenwick torna dal suo Grand Tour e mette piede a Fork Hill, nella tenuta inglese di James Gilbert – l’anziano ed enigmatico gentiluomo che gli ha fatto da padrino, provvedendo ai suoi viaggi e ai suoi studi – ha una sola domanda che lo tiene in apprensione: come potrà tornare a godere degli agi e delle comodità cittadine? 
cover orginale
La soluzione si presenta da sola, non appena Mr Gilbert gli propone di prendere parte a un «esperimento grandioso»: Richard si trasferirà a Londra a sue spese per provare ogni piacere e curiosità che la sua indole gli suggerirà. La sola cosa che dovrà fare in cambio sarà raccontargli tutto via lettera; nei minimi dettagli. In questo modo, pur senza abbandonare le mura della sua stanza, l’anziano tutore proverà l’illusione di essere al suo fianco e si sentirà di nuovo traboccante di vita. Cos’altro di meglio può chiedere Richard? 
Trasferitosi a Londra, il giovane frequenta salotti alla moda, passa le notti in compagnia di vecchi compagni di scuola e sorseggia il tè con Sarah Kinsey, amore di gioventù convolata a nozze con un commerciante di diamanti. Ma una lettera di Mr Gilbert gli rimprovera che sta sprecando il suo tempo: deve «spingersi oltre» e deve farlo in fretta. Perciò, pur con un crescente timore, il ragazzo bazzica ambienti lascivi e pericolosi, lotta con uomini senza scrupoli e viene sedotto da donne misteriose, fino a quando un terribile dubbio si fa strada nella sua mente: e se lui, Richard Fenwick, giovane di belle speranze, non fosse altro che un burattino appeso a un filo che si estende per quasi duecento chilometri, e a muovere i suoi passi londinesi sia stato da sempre l’abitante di Fork Hill? 
Richard ha poco tempo per scoprirlo, perché appena intuisce chi è la nuova «vittima» di Gilbert e minaccia di rompere il patto, una serie di tradimenti e di morti gli si stringeranno attorno come un vortice, finendo per mettere in pericolo la sua stessa vita. 
Già paragonato a Le relazioni pericolose e a Il ritratto di Dorian Gray, l’opera di Michael Irwin è «un racconto morale e accattivante» (Kirkus Reviews). Uno splendido romanzo nero d’atmosfera che, tra feste in maschera, incontri grotteschi e postriboli infernali, parla di manipolazioni, intrighi e seduzioni nell’Inghilterra del diciottesimo secolo.
 

Considerazioni.
Memorabile. Incisivo. 
Caustico. British. Elegante. 
Educato. Snob. Distaccato. 
Intrigante.
Si, è  tutte queste cose, in un modo indescrivibile e poetico, dissacrante (del mondo British) imbrigliato nelle sue ferree regole, nelle sue scappatoie crudeli e immorali.

Perchè "Il teschio e l'usignolo" è profondamente immorale, per molti versi e sotto diversi punti di vista. La storia potrebbe apparirvi un normale romanzo di formazione, quello in cui un giovane ragazzo inglese, Richard, di ritorno dai viaggi educativi (sponsorizzati da un tutore ricco, Mr. Gilbert, che sostiuisce i genitori morti, in una vita asettica e di poco affetto) che molti giovani appartenenti all'aristocrazia e borghesia intraprendevano per "andare a conoscere il mondo, le lingue, le donne ed in generale la vita al di fuori della Grande Inghilterra" nel 1800 circa. 

Ed invece ci si trova invischiato in una fitta rete di inganni, di tradimenti sottili, di malaplacida tranquillità che si cela tra lentezza degli avvenimenti, nella pace dei giorni in campagna intervallati dalla frenetica vita di Londra, con le sue attrazioni e i suoi svaghi. Richard pensa infatti di essere destinato ad ereditare quanto nel patrimonio di Gilbert, ormai vecchio, e di isolarsi in campagna, con i suoi pochi svaghi e la sua monotonia; invece il suo tutore ha una proposta che lo sciocca e lo attrae: andare a Londra e non porre freno a tutto quello che gli salta in mente di fare, non negarsi nulla: gioco, amici, botte, tresche, amori con ballerine, attrici, donne sposate e non. A patto di scrivere TUTTO (anche le cose di poco conto e intime) quanto a Gilbert.
Richard vede qualcosa di strano nel patto, ma troppo attratto dal gioco e dalle possibilità che ne derivano si abbandona, in un primo momento frenato dall'educazione e dal timore, e poi con sempre più totalizzante frenesia, ai piacere, ai giochi peccaminosi, ai simposi, ai vino, al piacere che si trae dall'abbandono al proibito, al concesso senza misura e limite.


Le cose si complicano nel momento in cui Richard avrà troppi intrighi da controllare, e mal gestiti per la sua superficialità, ingenutà ed anche, diciamolo, stupidità; segreti troppo pesanti da gestire e troppe responsabilità da affrontare. Si, perchè la sfida più grande sarà la conquista della sua ex amica/infatuzione passata, Sarah Kinsey (poverina mi viene da pensare, ricordandone gli avvenimenti) la quale arrabbiata che lui si fosse dato alla macchia girando per l'Europa, decise di sposarsi (non troppo convinta ed ancora infatuata di Richard, per lei il grande amore) con un commerciante di diamanti, il quale (sfortuna vuoi) scopre la loro tresca e minaccia Richard, ovviamente a ragione, il quale si trova a dover affrontare la più tragica delle ipotesi.
Come potete vedere non è semplicemente un romanzo di formazione, ma anche una riflessione profonda sulla natura umana e sul gioco di una mente sull'altra, è una presa di coscienza della manipolazione, della slealtà, della fiducia mal riposta e concessa a cuore aperto, delle proprie azioni, della perdita dell'ingenuità che perde le vesti della bondà nella sua strada per la maturazione.

Se devo essere sincera il romanzo è un pò troppo denso di lettere (quelle che Richard scrive e Gilbert) e di tutta una corrispondenza collaterale (come quella con Sarah o gli altri amici, sempre da parte del protagonista) in quanto il romanzo avrebbe giovato in leggerezza e fluidità nel taglio di tutta una serie di dettagli, considerazioni che anche se molto interessanti a volti diluiscono troppo la trama; tuttavia è un romanzo ingenioso soprattutto in considerazione della piega che prendono gli avvenimenti in relazione alla maturazione (o meno) dei personaggi.

Inoltre è, a livello di manipolazione mentale, davvero molto interessante per i mezzi e mezzucci che il tutore appronta per "pilotare" il pupillo nella sua educazione, per la preparazione e direzione di una trappola in cui il topolino bianco (Richard) è il solo, in definitiva, a rimetterci, a perdere, ma che alla fine avrà la soddisfazione di prendere in mano le redini della sua vita se non vittoriosamente, almeno consapevolmente e a "carte scoperte".

 

Perchè 4 teierine (come voto intendo)? Perchè dopo averlo finito mi tornava in testa e mi piaceva sempre più, propri per la sua storia agrodolce, il suo fascino old style e very british.
Lo stile di Irwin è impeccabuile, elegante, saturo di manierismo, ma affascinante e talmente piacevole da rimanerne incantati. Lo leggerei per ore anche facesse la lista della spesa.
Per cui ve lo consiglio, siate preparati e consapevoli che non si tratta di una lettura ironica o blanda, ma troverete una storia affascinante e uno scrittore veramente molto affascinante e capace.


Michael Irwin insegna Letteratura inglese all’Università del Kent, a Canterbury, dove si è specializzato in letteratura del diciottesimo e diciannovesimo secolo. I suoi lavori spaziano da studi su Fielding a saggi su Defoe, Richardson, Sterne, Smollett, Johnson, e Pope. Il teschio e l’usignolo è il suo primo romanzo tradotto in Italia.

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